Antonella Bellutti si reinventa ed è sempre successo.
Sarà perché condivido con lei l’anno di nascita, sarà perché mi trovo affine a chi nella vita pedala sulla sua bicicletta senza mai fermarsi (anche in senso metaforico), ma Antonella Bellutti è proprio una donna e un’atleta straordinaria, fuori dagli schemi. E incredibile il suo eclettismo, nello sport come nella vita, la capacità di reinventarsi, di non darsi per vinta di fronte alle difficoltà.
Antonella già a 15 anni era una promessa dell’atletica, sembrava volare quando si lanciava nei 100 metri a ostacoli e faceva parte di quella meravigliosa squadra in cui c’era anche Sara Simeoni. Antonella corre come un fulmine, colleziona 14 record nazionali e 7 titoli nazionali giovanili (ancora oggi è suo il record nazionale juniores nei 60 metri a ostacoli indoor). Un infortunio la blocca su questa walk of fame, e la costringe a due anni di terapie non solo inutili, ma che rischiano di peggiorare la situazione.
È da lì che la giovane Antonella, lungi dal gettare la spugna, compra una bici di seconda mano, la inforca e dà la sua prima pedalata. Un po’ per gioco, un po’ per non morire. E non si ferma più. Testa bassa, schiena diritta, con le braccia avanti a sé come le canne di un fucile, quasi a coprire le orecchie per non sentire le derisioni di chi la chiama “la marziana” o “quella di Blade Runner”, sorda anche quando il medico della squadra nazionale le annuncia senza mezzi termini che non ha il fisico adatto per correre in bicicletta.
Lo smentisce ad Atlanta 1996: medaglia d’oro e record olimpico, con quella sua strana posizione aerodinamica che la fa schizzare come se fosse semplice e naturale farlo. La Federazione Ciclistica Internazionale pone un limite alla lunghezza della bici, Antonella non può più correre nella posizione che la fa sfrecciare come un dardo, così gareggia nella corsa a punti a Sidney nel 2000, e l’oro è suo.
Avrebbe potuto continuare su questa scia, o tornare all’atletica una volta guarita. Fa una scelta diversa, lanciando con Gerda Weissensteiner una nuova disciplina olimpica, il bob a due femminile. La coppia si qualifica per i Giochi Olimpici di Salt Lake City nel 2002. Trasferimento del talento, che lei con semplicità scanzonata dice “riciclo”. Un segreto per non adagiarsi e per riempire di entusiasmo il duro lavoro quotidiano.
Antonella Bellutti si reinventa ed è sempre successo. Neppure ora Antonella si ferma, ha indirizzato la sua straordinaria energia nell’impegno a favore delle donne nello sport, e dello sport per tutti, anche anziani. Nell’attivismo contro la violenza sulle donne. Cosa significa andare oltre? Ecco la domanda a cui cerca di rispondere nel suo intervento per TED, definendo l’andare oltre come la chiave di lettura della vita. Talento e limite, due concetti imprescindibili l’uno dall’altro. Perché ognuno ha un talento in qualche cosa, o anche in più di una cosa, deve solo riuscire a tirarlo fuori.