Vorrei rendere omaggio alla poetessa Kitty Vinciguerra, una delle più care persone che abbia mai avuto. Anche se sono arrabbiata, tanto arrabbiata con lei, per essersene andata così, senza dirmi nulla, senza darmi la possibilità di metterle tra le mani il suo terzo libro di poesie, che ricevetti alcuni giorni dopo e da tre anni è ancora sul mio caminetto.
Quando mi chiamava, nonostante la sua malattia, nonostante la vita difficile, facevamo insieme tanti progetti al telefono ed era bello sognare così in grande. Un secondo libro insieme, un film, iniziative a favore delle donne, per evitare la violenza che ancora silenziosa le colpisce e che lei, sposa forzata a quindici anni, ben conosceva. Kitty ha vissuto intensamente la sua vita, con dignità, signorilità, quella capacità di affrontare ogni situazione senza mai una lamentela, tanto che l’ultima volta che udii la sua voce al telefono, irriconoscibile, opaca, rotta, senza quasi respiro, non compresi che di lì a poco sarebbe andata via in silenzio.
Quando mi affidò la sua biografia da scrivere avevo il timore di non riuscire a esprimere tutto quello che la sua vita era stata, invece alla fine ne fu soddisfatta e gliela lessi tutta a voce alta, tanto che quel giorno corsi a prendere il treno senza più un filo di fiato e con la gola che mi bruciava. Eppur contenta. Mi aveva detto che io ero la Kitty giovane, tanto avevo raggiunto il suo animo con quelle mie parole. Il libro, uscito in due edizioni, la prima col titolo di “Kitty ad ogni costo” e l’altra “John mi regalò una cravatta” non ha avuto il successo che avrebbe meritato, ma non è ancora finita.
Per ora, Kitty cara, anima bella incompresa dal mondo come gran parte delle anime belle, ti ricordo così, con una delle tue poesie, e ti ripeto che mi manchi terribilmente:
La mia voce
La mia voce non
urla, ma ascolta
nel silenzio ovattato
che mi circonda.
La mia voce non urla
ma piange silenziosa
e come tutti i silenzi
nessuno la sente, ma…
il frastuono mi
sconvolge e mi
stordisce… in te.
(Kitty Vinciguerra)